La Storia
La riqualifica del territorio
La nascita del comprensorio
Il comprensorio della Brussa nasce tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso, quando nel ventennio fascista, il governo diede la possibilità di bonificare alcune zone ancora umide per convertirle all’agricoltura.
La zona della Brussa venne bonificata dall’avv. Giuseppe Lovati, originario di Milano, con l’aiuto degli allora abitanti del luogo, dando così vita a un’importante zona agricola.
Ancora oggi si tratta di una realtà unica per il suo ecosistema: una penisola caratterizzata da una vegetazione rigogliosa, collegata all’isola di Vallevecchia (fra Caorle e Bibione) e circondata da valli umide e da una spiaggia di circa 7km.
Oggi la Brussa è abitata da circa un centinaio di persone, ancora molto legate alle proprie tradizioni contadine, e vede la presenza di alcuni ristoranti e agriturismi che offrono in gran parte prodotti tipici del luogo.
La bonifica di Vallevecchia
Vallevecchia, come si presenta oggi al visitatore, costituisce una sintesi peculiare delle molteplici trasformazioni dell’ambiente messe in atto in ambiente litoraneo e lagunare dall’uomo in epoca storica recente.
Nel corso dell’intera prima metà del 900, il territorio di Vallevecchia ha conservato una fisionomia ambientale ed ecologica assai simile a quella naturale.
Gli interventi di modifica dell’ambiente vi apparivano limitati e finalizzati al migliore sfruttamento delle sue risorse naturali.
Soltanto dopo il 1960 è stata avviata la sequenza delle trasformazioni, relative al prosciugamento delle superfici palustri, all’organizzazione del paesaggio agrario, al dissodamento dei suoli ed allo sfruttamento colturale degli stessi.
La Seconda metà del 900
Vallevecchia, priva di insediamento rurale in quanto superficie di proprietà pubblica, non appoderata, era stata dunque trasformata in una singolare steppa cerealicola, adagiata ad una lunga spiaggia non urbanizzata e separata da questa da un complesso e ampio sistema di dune.
Su questo stesso complesso, negli anni che precedettero il prosciugamento, era stata peraltro realizzata la prima, grande trasformazione dell’ambiente, costituita dal rimboschimento di dune stabilizzate e di depressioni interdunali.
La pineta, a pino domestico prevalente, è stata infatti realizzata in più interventi successivi a partire dai decenni comprese tra le due guerre.
Essa ha mutato il paesaggio del litorale di Vallevecchia, modificandone soprattutto il microclima, il suolo e di conseguenza l’assetto della vegetazione relativa alle dune piùinterne, con conseguenze notevoli in termini di semplificazione.
Anni ’90
All’inizio degli anni ’90 l’isola di Vallevecchia si presentava dunque come una superficie agraria del tutto priva di vegetazione arborea e arbustiva, coltivata secondo i metodi della monocoltura intensiva, delimitata da robuste arginature erbose verso nord e protetta da una fascia di pineta mista di ampiezza variabile, verso il litorale.
Il progetto di riqualificazione ambientale di Vallevecchia in fase di realizzazione da parte di Veneto Agricoltura ha tra le finalità il miglioramento del paesaggio agrario, il ripristino di alcune peculiari situazioni ambientali dell’area e la salvaguardia della stessa dall’impatto ambientale determinato da una frequentazione incontrollata
Storia di Caorle
Le radici di Caorle affondano nel I secolo a.C. (il nome deriva dal latino Caprulae, probabilmente a causa delle capre selvatiche che vi pascolavano), come testimoniano numerosi ritrovamenti di epoca romana, come l'”ara Licovia”, altare sacrificale custodito ora nel duomo, o i ritrovamenti archeologici in mare.
Tuttavia la città cresce e diventa importante come porto della vicina Concordia, per la sua posizione alla foce del Lemene, soprattutto in seguito alle invasioni barbariche degli unni, che spinsero molti concordiesi dall’entroterra alla costa; fu in quel periodo, attorno al VI secolo, che Caorle divenne sede vescovile.
La costruzione dell’odierna cattedrale, tuttavia, risale all’XI secolo, su una pre-esistente basilica paleocristiana, i cui resti sono conservati tutt’ora all’interno del duomo, nel museo annesso e nei giardini della canonica.
La Serenissima
Nei successivi secoli le sorti di Caorle furono legate a quelli della Repubblica Serenissima; il territorio cittadino era parte del Dogado, cioò il territorio metropolitano, nonchè il nucleo originario, della Serenissima Repubblica, ed era uno dei 9 distretti in cui era suddivisa l’amministrazione, governato da un podestà. Costituiva inoltre uno dei 10 reggimenti in cui era suddiviso il dogado.
Memorabile fu l’episodio, nel X secolo, del ratto di alcune donzelle veneziane, liberate proprio sulla spiaggia della cittadina: questo episodio fu oggetto di una rievocazione storica in costume dell’epoca fino a qualche anno fa.
Nei secoli XIII e XIV, a causa delle frequenti invasioni del territorio da parte dei triestini e di pirati, molte famiglie furono costrette a trasferirsi a Venezia; fu così che Caorle cominciò la parabola discendente che l’accompagnò fino all’epoca napoleonica, perdendo d’importanza rispetto alle altre città del dogado veneziano. Isolamento che si fece ancor più grave quando, nel 1379, i genovesi approdarono sull’isola caprulana e, mentre tentavano di conquistare i territori della Serenissima, devastarono l’intera città, costringendo anche i vescovi a lasciare la sede episcopale vacante.
Nel XVII secolo Caorle aveva il suo unico sbocco nel collegamento fluviale con Concordia e Portogruaro; ma questa era anche l’epoca della fine della Repubblica, per mano delle truppe napoleoniche; venivano così a cessare gli antichi privilegi sulle acque che avevano assicurato sussistenza alla città, e si preparava un lungo periodo di dominazione straniera.
Il XIX e XX Secolo
Nel XIX secolo, come tutto il Veneto, Caorle passò all’ Austria; la piccola cittadina perdeva così definitivamente la sua importanza, essendo basata essenzialmente sulla pesca; bisognerà attendere gli anni settanta perchè Caorle torni ad un periodo più florido, quando la sua economia si volgerà in maniera imponente al turismo. Nel 1818 viene soppressa la diocesi, e il territorio viene annesso al patriarcato di Venezia; così vengono anche a perdersi molte delle tradizioni popolari e religiose che avevano animato la vita dell’isola nei secoli precedenti.
Il XX secolo è anche per Caorle il secolo delle grandi guerre; in particolare si infiamma la vita lagunare dopo la disfatta di Caporetto, diventando territorio strategico per il fronte che combatteva sul Piave. Nell’ultima offensiva del 1918 anche i caorlotti si fecero onore, tanto che il cittadino Giorgio Romiati fondò l’associazione Giovane Italia, insignita della medaglia d’argento al valor militare dopo la vittoria di novembre. E non a caso una delle sezioni del Battaglione San Marco si chiamava proprio “Battaglione Caorle”, ed insieme al Battaglione Bafile ebbe un ruolo importante nella battaglia di liberazione sul Piave[4].
Durante il secondo conflitto, invece, grave fu il peso dell’occupazione tedesca, che arrivò a minacciare di allagare, per motivi strategici, tutto il litorale per una profondità di 10 chilometri; l’allarme rientrò inaspettatamente, e ancor oggi i caorlotti, a memoria di un voto emesso il 2 gennaio 1944, attribuiscono il merito all’intercessione della loro Madonnina del Mare.